Kyudo: la Via dell’Arco tradizionale giapponese

Il Kyudo

1. Cos’è il Kyudo?

Il Kyudo, la Via dell’Arco tradizionale giapponese, è un’Arte che si sviluppa intorno a tre strumenti fondamentali: l’arco, la freccia, il bersaglio. Un sistema semplice e complesso insieme, una concezione del mondo e della vita centrata sull’atto primordiale con cui l’uomo scaglia una freccia destinata a colpire un bersaglio distante.

Ma cosa rende il Kyudo una pratica diversa da tutte le altre forme di tiro con l’arco presenti nel mondo? Qual è la vera natura del Kyudo?

Il Kyudo, esperienza totale

Il bersaglio, immobile e imperturbabile, può essere colpito o mancato. Il tiro può avere successo o può fallire; in tal senso, solo praticando, assaporando e apprezzando quest’arte, freccia dopo freccia, con inesauribile interesse, è possibile comprendere la sua essenza.

Il Kyudo tradizionale non vede nel tiro una mera azione delle mani che aprono l’arco fino al punto in cui la corda viene sganciata per far partire la freccia; piuttosto, il tiro viene vissuto come esperienza totale dell’essere umano.

Per comprendere ciò, è necessario tenere presente un assunto fondamentale del Kyudo: “grazie a un’attitudine corretta si ha un corretto tiro”. Nel Kyudo tradizionale, infatti, un centro corretto si realizza mediante l’estensione della colonna vertebrale, l’apertura del petto, il bilanciamento tra destra e sinistra, la concentrazione dell’energia nel Tanden (il punto situato 2-3 cm sotto l’ombelico, al centro del corpo), il raggiungimento della pienezza nella massima apertura dell’arco e la concentrazione della mente sul “non rilascio”. Nell’unificazione delle tre distinte entità di se stessi, dell’arco e del bersaglio si potrà lasciar partire la freccia con serenità, accuratezza e risolutezza.

Nel Kyudo l'azione coinvolge corpo, energia e mente

Nel Kyudo l’azione coinvolge corpo, energia e mente.

Tirare con l’arco, conoscere se stessi

Nella pratica effettiva, tuttavia, accade che, pur facendo il possibile, non si riesce a colpire il bersaglio, ma il fatto di non riuscirvi è solo una conseguenza delle proprie azioni.

Ecco il punto: l’arco utilizzato nel Kyudo non presenta dispositivi di mira. Dal momento che per mirare ci si basa unicamente sulla propria postura, si può essere facilmente influenzati da fattori interni o esterni; è sufficiente una lieve agitazione interiore per compromettere la tecnica.

L’efficacia della freccia che colpisce il bersaglio, pertanto, dipende in misura decisiva non solo dalla tecnica, ma anche dall’attitudine e dalla condizione della nostra mente. In altre parole, non si tratta di modificare lo strumento con cui si tira, ma di modificare colui che tira…

In questo senso il Kyudo costituisce una preziosa occasione per conoscere, migliorare ed affinare se stessi.

Entrando in maggiore dettaglio, vediamo come si sviluppa la pratica del Kyudo, e quali sono i suoi principi, distillati in secoli di elaborazioni culturali e dottrinali.

2. La pratica del Kyudo

Le posture e i movimenti di base preparano il tiro vero e proprio.

Le posture e i movimenti di base preparano il tiro vero e proprio.

In base alle indicazioni fornite dal Primo Volume del Kyudo Manual della All Nippon Kyudo Federation, la pratica del Kyudo può essere considerata principalmente sotto due aspetti: l’insieme dei movimenti formali che precedono e seguono il tiro (Kihontai, o Taihai) e il tiro vero e proprio (Sha). Questi due aspetti, naturalmente, sono strettamente correlati, poiché i movimenti formali sono finalizzati a propiziare la stabilità e l’armonia richieste per eseguire un tiro corretto, mentre, a sua volta, la tecnica di quest’ultimo dev’essere applicata rispettando i criteri formali.

I criteri della forma fondamentale del Kyudo (Kihontai-Taihai)

Le forme di base comprendono il modo corretto di sedersi, alzarsi, camminare, eseguire l’inchino, tenere arco e frecce, eccetera. Le posture e i movimenti sono praticati secondo una serie di criteri, che comprendono l’importanza di mantenere eretto l’asse centrale del corpo, il corretto coordinamento tra movimento e respirazione, la stabilità delle anche, dalle quali ciascun movimento è sostenuto, l’uso dello sguardo, che va disciplinato senza permettere che divaghi distrattamente, e così via.

Il tiro (Sha), procedura e modalità

Sulla base della forma corretta della postura e dei movimenti, la procedura del tiro viene articolata in otto fasi successive, che prendono il nome di Shaho Hassetsu.

Shaho-Hassetsu

Le immagini riassumono le 8 fasi di tiro (l’ultima riassumendo in sé la settima e l’ottava).Queste fasi non costituiscono propriamente delle pause nel fluire del movimento, quanto piuttostodei punti di controllo che preparano al meglio il movimento successivo.

La correzione della tecnica è fondamentale per il progresso della pratica.

La correzione della tecnica è fondamentale per il progresso della pratica.

La tecnica con cui aprire l’arco e far partire la freccia richiede la guida di un istruttore qualificato, poiché, pur essendo apparentemente semplice, essa necessita di uno studio costante e di specifiche indicazioni le quali, basate essenzialmente sull’esperienza, non possono essere contenute compiutamente in un testo scritto.

In questo modo Kihontai e Sha, i criteri formali e il tiro, armonizzati tra loro creeranno quello speciale sapore e quella particolare atmosfera che fanno del Kyudo un’arte unica, capace di unire corpo, energia e mente nell’azione efficace di tiro, che in modo così caratteristico colpisce coloro che vedono tirare un arciere esperto…

La pratica insieme agli altri

La necessità di essere corretti, consigliati e guidati nella tecnica e nell’attitudine fa capire l’importanza di praticare insieme agli altri.Anche se il tiro con l’arco può apparire come un atto puramente individuale, per progredire ed apprendere in maniera corretta è assolutamente preferibile praticare in un gruppo; ciò svilupperà la capacità di interagire, di collaborare e di aiutare, permettendo di migliorare senza insuperbirsi e di mettere alla prova se stessi nella ricerca dell’armonia con gli altri. E’ questo uno dei significati di un importante motto del Kyudo, “Sha Soku Jinsei”, “il Kyudo è Vita”.

Essendo tradizionalmente un Budo (Via del guerriero), il Kyudo ha una natura puramente operativa che non concede spazio alla speculazione fine a se stessa. I suoi principi, pertanto, sono intimamente connessi alla pratica, e valgono solo in quanto applicabili nell’arte e nella vita. Ne presentiamo solo alcuni.

3. I principi del Kyudo

Il Rei: principio, mezzo e fine della pratica

Il Rei è un aspetto fondamentale del Kyudo

Il Rei è un aspetto fondamentale del Kyudo.

In senso strettamente letterale, il Rei è il caratteristico inchino così frequente nel costume giapponese, e naturalmente viene praticato anche nel Kyudo. In quest’arte, tuttavia, esso riceve un’attenzione e una cura del tutto particolari, poiché viene detto che “Il tiro inizia con Rei e finisce con Rei”, tale da assumere una connotazione ben più ampia. Il suo significato (Rito, Etichetta, Saluto) trae origine dalle dottrine confuciane, che ne fanno il pilastro dell’ordine cosmico, sociale e individuale.

Il senso di ordine, precisione e pulizia del gesto che si avverte osservando un tiro cerimoniale (Sharei) ben eseguito deriva precisamente dall’osservanza del Rei verso se stessi e verso gli altri.

Nella pratica concreta, infatti, l’essenza del Rei non è un pensiero astratto, né un vuoto formalismo, ma un’attitudine pervasa di cortesia, rispetto e benevolenza, generatrice di un’armonia magnetica in cui è possibile migliorare se stessi e collaborare nel modo più efficace con gli altri.

La meta suprema del Kyudo: Shin – Zen – Bi

In queste tre parole si condensa il fine più alto del Kyudo, ciò verso cui ciascun praticante, dal principiante al maestro, deve tendere:

Shin – Verità. La relazione del Kyudo con la Verità sta nel fatto che nel tiro si rivela non solo l’abilità, ma anche la condizione e la qualità dell’arciere. L’arco aperto correttamente, il rilascio naturale e la stabilità dell’arciere faranno volare la freccia tesa verso il bersaglio. E’ la verità del tiro. Il Kyudo ha il potere di manifestare la verità di un buon tiro come pure quella di un tiro non sincero, e ciò proprio per la presenza di un bersaglio e di una tecnica che non può essere separata dall’attitudine corretta. Questa sua capacità lo rende simile alla natura dello specchio, che impersonalmente riflette e mostra ciò che vi si trova dinanzi.

Cercare la verità del tiro...

Cercare la verità del tiro…

L’arciere, quindi, grazie a questo strumento di conoscenza di se stesso ha la possibilità di cercare la verità del tiro senza inganni ed illusioni – e non è un caso che la parola Kyudo, oltre che come “Via dell’Arco”, possa interpretarsi, sulla base della medesima fonetica, anche come “Via della Ricerca”.

Zen – Virtù. Con il termine Zen – da non confondere con l’omonima dottrina buddhista – si esprime la summa dei valori etici e morali del Kyudo. Tra gli obiettivi del Kyudo vi è infatti quello di formare una persona matura, dignitosa e stabile, capace di autocontrollo e calma dinanzi alle circostanze della vita quotidiana. Virtù quali la Benevolenza, la Saggezza e il Coraggio, coltivate negli anni di pratica, esprimono la natura del Kunshi, il “vero gentiluomo” di ascendenza confuciana, la cui condizione interiore è definita con il termine heijoshin, la “mente ordinaria”, ovvero uno stato naturale di stabilità della mente. Tale stato di calma ed equilibrio viene intimamente connesso, nella fase di massima apertura dell’arco (Kai), all’espansione dell’energia dell’arciere, la quale condurrà a un rilascio (Hanare) naturale, non provocato, in cui consiste il massimo pregio del Kyudo.

Bi – Bellezza. Se ci interroghiamo sulla bellezza che risiede nel Kyudo, possiamo affermare che ciò che è vero è anche bello, così come ciò che è virtuoso è anche bello. La qualità della bellezza risiede già nella stupenda forma allungata e asimmetrica dello Yumi, l’arco giapponese, nonché nelle frecce e nell’abbigliamento tradizionale. La massima espressione di bellezza, tuttavia, si manifesta nel tiro cerimoniale (Sharei), nel quale la solennità del portamento degli arcieri, il susseguirsi delle azioni e l’attitudine calma e composta che accompagna lo svolgersi ritmico dei movimenti suscitano un profondo senso estetico in colui che vi assiste. E come non c’è limite al perfezionamento del tiro, allo stesso modo esprimere bellezza nel Kyudo è un obiettivo da ricercare a qualsiasi livello della propria pratica.

Senza la pratica delle posizioni e dei movimenti di base (Kihontai) non c'è vero Kyudo

Senza la pratica delle posizioni e dei movimenti di base (Kihontai) non c’è vero Kyudo.

Kyudo Rinen: gli Ideali del Kyudo

Yozaburo Uno sensei, primo presidente della All Nippon Kyudo Federation, espresse in quattro punti gli ideali che debbono guidare ed orientare la pratica del Kyudo. La sua sintesi vale ancor oggi come punto di riferimento in tutta la All Nippon Kyudo Federation e nell’International Kyudo Federation:

1) studiare i principi del tiro (Shaho) e l’arte del tiro (Shagi);
2) applicare i movimenti formali (Taihai) basati sull’etichetta (Rei);
3) migliorare il livello del tiro (Shakaku) e la dignità del tiro (Shahin);
4) impegnarsi al meglio per realizzare la perfezione come esseri umani.

L’Accademia Romana Placido Procesi è membro dell’Associazione Italiana per il Kyudo (A.I.K.), l’organizzazione ufficiale riconosciuta dalla European Kyudo Federation (E.K.F.) e dalla International Kyudo Federation (I.K.Y.F.).

Associazione Italiana Kyudo

I corsi di Kyudo dell’Accademia sono tenuti dai seguenti istruttori:

Giorgio Lucchesi, Renshi, 6° dan;
Luca Lucchesi, Renshi, 6° dan;
Mauro Ercolani, Renshi, 6° dan.